Il suo volume "Perestrojka" è divenuto un best-seller in tutto il mondo con milioni di copie vendute. I giornalisti hanno coniato l'espressione "gorby-mania" per indicare i grandi bagni di popolarità cui il leader del Cremlino è soggetto ovunque vada. A casa sua, affermano invece che si tratta del primo leader sovietico amato più all'estero che in patria.
Certamente, Mikhail Sergeevic Gorbaciov è stato uno dei protagonisti, se non il protagonista della seconda parte degli anni '80.
Si è trovato alla Segreteria Generale del PCUS nel marzo del 1985 dopo una rapidissima e brillante carriera che lo ha visto Segretario Generale nel 1970, membro del Comitato Centrale nel 1971, responsabile per l'Agricoltura nel 1978 ed infine membro del Politburo nel 1980.
Descrivere le tappe della sua attività politica negli ultimi 5 anni è impresa impossibile; ci limitiamo quindi a tracciare alcune linee guida.
Gorbaciov ha ereditato un Paese con un'economia massacrata da un livello clamoroso di spese militari e da una "generosità" di aiuti verso Paesi e movimenti "amici" del blocco socialista che il sistema sovietico non si poteva permettere. Negli uffici sovietici si fa ancora uso di carta carbone, nelle aziende si ignora cosa sia la contabilità a partita doppia, mancano le tecnologie, i servizi fondamentali ed i beni di consumo.
Alto era il livello di conflittualità internazionale per la scarsa libertà della dissidenza religiosa e politica e per i conflitti regionali in cui l'Unione Sovietica era coinvolta indirettamente.
Le due parole d'ordine che hanno informato la politica gorbacioviana sono state "glasnost" e "perestrojka", trasparenza e riorganizzazione; i suoi nemici iniziali più accaniti le forze armate e gli "apparatchik", i funzionari di partito che vedevano in pericolo i propri tradizionali privilegi.
Il problema principale della riorganizzazione del sistema sovietico è invece ben riassunto da un proverbio popolare russo "non si può superare un baratro in due salti".
E qui sta il nodo: democrazia e riforme sembrano avere bisogno di contesti politici diversi. Il bisogno di democrazia, a lungo soffocato, si esprime nella voglia di discutere, di creare gruppi, giornali, nella ben più radicale intenzione secessionista di molte repubbliche sotto il giogo di Mosca. Le riforme di cui secondo Gorbaciov l'Urss ha bisogno, visto il contenuto autenticamente "rivoluzionario" e radicale, avrebbero bisogno invece di un "pugno di ferro", di una autorità per poter essere realizzate che mal si concilia con la democrazia di cui sopra.
Eppure tante sono le realizzazioni di questi ultimi 5 anni: in economia, la grande apertura alle joint-ventures straniere, la modernizzazione degli impianti, i premi di produttività, la valorizzazione della proprietà privata in agricoltura; sulla glasnost, lo svecchiamento delle strutture di informazione stampata e televisiva, l'apertura di nuove testate, la liberazione dei detenuti di opinione; sulla vita politica, le prime elezioni semi-libere, le vaste epurazioni nel partito a livello centrale e periferico, la graduale separazione fra responsabilità istituzionali e di partito.
Ma i meriti maggiori Gorbaciov li ha conquistati nelle relazioni internazionali, con una diplomazia moderna, veloce, giocata sulla comunicazione di massa e sullo "charme" del primo leader sovietico educato alla "occidentale". Oltre al gradimento personale conquistato nelle relazioni con i leaders di governo ed i capi di Stato di tutto il mondo, Gorbaciov ha chiuso rapidamente l'avventura afghana, ha avviato a soluzione i conflitti nel sud-est asiatico e in africa australe, ha sganciato gli alleati imbarazzanti in America Centrale.
Ed infine, in questa rapidissima carrellata, l'impegno sul continente europeo: oltre ad avere promosso e facilitato gli immensi cambiamenti nell'Europa centro-orientale, e ad avere animato la discussione sul futuro della "casa comune europea", Gorbaciov è co-protagonista degli accordi di Washington sul ritiro delle armi nucleari a medio raggio dal nostro continente.
Insomma un quadro a tinte rosa se non ci fosse l'incertezza su dove si poserà il piede del primo salto, se nel baratro o sulla terra ferma: ed il baratro è costituito dal livello di benessere che la gente chiede come segno tangibile delle riforme e dalla esplosione dell'incredibile mosaico etnico.
In questa direzione si gioca il futuro della cooperazione est-ovest e la possibilità di cominciare a discutere seriamente, ed insieme, dei problemi del sud del mondo.




