Contro la congiura del silenzio
In una mattinata di maggio di venticinque anni fa, i giornali inglesi pubblicano una breve e scarna notizia dal Portogallo: un giovane è stato arrestato perché ha brindato alla libertà in un bar di Lisbona. Il fatto colpisce particolarmente un avvocato inglese, Peter Benenson, che si chiede: possibile che non si possa fare niente per le centinaia e centinaia di persone che marciscono in carcere in tutto il mondo a causa delle proprie idee, della propria pelle o della propria religione?
Questo interrogativo ricompare, alcuni giorni dopo, sull'"Observer", in un articolo di Benenson, intitolato significativamente: "I prigionieri dimenticati". Cappello dell'avvocato inglese a favore dei diritti umani ha un successo enorme: più di mille persone si dicono disposte ad operare gratuitamente in favore dei "prigionieri dimenticati". È l'atto di nascita di Amnesty International.
Da quel lontano giorno del 1961, Amnesty International è diventata forse la piu importante e seria organizzazione mondiale che opera concretamente in difesa dei diritti umani, in particolare, si adopera per la liberazione dei cosiddetti "prigionieri d'opinione", per l'abolizione della tortura e della pena di morte.
Da quando è cominciata l'attività di Amnesty, che ha ricevuto il premio Nobel per la pace, il movimento si è occupato di 28.000 casi. Dal 1961, una buona parte di questi sono stati positivamente risolti con la liberazione dei prigionieri.
Ma in alcune situazioni, purtroppo, il caso è stato chiuso per la morte, spesso sotto tortura, o la scomparsa della persona "adottata".
In più di metà dei Paesi del mondo - denuncia Amnesty International – si verificano costanti e sistematiche violazioni ai diritti fondamentali dell'uomo. In molti di questi si praticano maltrattamenti e torture. La pena di morte è in vigore in circa 130 Paesi.
Nel triste dossier di Amnesty ci sono i circa 10.000 desaparecidos argentini, le torture psicologiche dei paesi del blocco sovietico, le fosse comuni dei khmer cambogiani, le allucinanti vicende di prigionieri politici in Nicaragua, Cina, Cuba, Turchia, Iran, Sud Africa. Da ormai venticinque anni Amnesty International è in prima fila nel denunciare le grandi tragedie che in ogni parte del mondo ogni giorno si compiono in nome del potere.
Ma il più delle volte – bisogna constatarlo – gli appelli in difesa dei diritti umani vengono ignorati, dimenticati. Per motivi di opportunità, dicono i politici. Perché non fanno notizia, dicono i direttori dei giornali.
In questi giorni parliamo molto di pace. Una pace che senza rispetto dei diritti umani non è altro che ipocrisia.
Al di là delle idee politiche, dobbiamo fare appello alle coscienze di tutti gli uomini di buona volontà per un'azione comune per la difesa dei diritti dell'uomo, contro la tortura, contro il muro dell'indifferenza e la congiura del silenzio. Forse, allora, in qualche angolo sperduto nel mondo, in una cella buia e umida, si accenderà un'altra fiammella di speranza.



