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Giornale di bordo n. 4
pagina 5
Editoriale

Un punto di non ritorno

Nuova Politica - Un punto di non ritorno pagina 5
Nuova Politica - Un punto di non ritorno
Per il direttore di NUOVA POLITICA, la questione del nucleare è stata affrontata in questi giorni dal mondo politico e giornalistico in maniera superficiale ed impolitica. Lasciare le scelte tecniche ai competenti senza rinunciare a scegliere quale modello di sviluppo vogliamo per quale società del domani, può essere la via maestra di un recupero del primato della politica.

Viviamo ogni giorno di più, con la sensazione di trovarci in un mondo in cui tutte le grandi trasformazioni, in ogni campo della vita sociale, avvengono in modo automatico, inevitabile, indipendente dalle nostre azioni e dalla nostra volontà.

È una sorta di rassegnazione del singolo che si sente schiacciato dai meccanismi di una società che cambia sempre più in fretta, che si sente ininfluente rispetto ad ogni scelta in grado di indirizzare il cammino della società, il tipo di progresso ed anche la pace e la guerra. Ma allora per chi, come noi, ha scelto la via dell'impegno politico nella convinzione che fossero ancora le idee e la speranza a guidare i cambiamenti della società, non è accettabile il ruolo di semplice ingranaggio di una macchina che va avanti da sola.

Per chi, come noi, non è disposto a ridurre la politica ad una stanca gestione del presente, rinunciando a guidare i processi di trasformazione, c0è di fronte un cammino duro e difficile, prima di tutto per cercare di liberare la politica dalle tante decadenti deviazioni quotidiane e restituirla al proprio ruolo più autentico.

Nei giorni scorsi abbiamo assistito, con amarezza ma senza rassegnazione, a come gran parte del nostro mondo politico ha affrontato il tema dell'energia nucleare.

Nell'ansia di fare notizia èè stato chi ha semplificato anche ciò che non è semplificabile, chi ha cercato di tracciare un'assurda divisione tra chi è antinuclearista e chi vuole difendere ad ogni costo il nucleare.

Ma c'è stato anche chi, nel nostro partito, anziché cogliere l'occasione per avviare una riflessione seria, è caduto nell'errore di ridurre anche il problema dell'energia nucleare nella logica delle alleanze e della governabilità, finendo per farci sentire acritici difensori della scelta nucleare.

Eppure è proprio su questo terreno che si può misurare la capacità della politica di non rinunciare al proprio ruolo di guida; troppi politici sono scivolati, dopo Chernobyl, in assurde disquisizioni sui livelli di sicurezza delle varie centrali, sul nucleare cosiddetto "pulito", sui possibili danni all'ambiente, dimenticando che solo gli esperti possono e debbono fornire risposte esaurienti su questi argomenti.

Chi fa politica deve invece avviare una riflessione seria ponendosi alcune domande di fondo: è indispensabile fare correre alla comunità i rischi di una convivenza con un numero sempre maggiore di centrali? Sono per forza immutabili gli attuali modelli di consumo e di benessere? È compatibile con la nostra ispirazione cristiana una società il cui scopo principale sembra essere solo la massima produzione materiale ed il massimo consumo ed in cui ogni uomo non è più il centro ma soltanto una parte della macchina?

È giusto allora, per noi che facciamo politica, cercare di correggere le deviazioni della società o dobbiamo invece soltanto cercare di soddisfarne ogni bisogno di consumo?

Esistono allora margini per un guidato risparmio di energia, per investimenti seri nel campo della ricerca che consentano di non considerare comunque inevitabile la scelta nucleare?

Sono in fondo in queste domande le nostre risposte di giovani dc sul nucleare, prova dell'intenzione di affrontare il problema non ragionando sull'emotività o cavalcando la paura e senza accettare tutto il nuovo acriticamente, ma almeno cercando di capire se il mantenimento dei livelli di benessere di oggi non lo si stia costruendo sulle angosce del mondo di domani.

Mondo in cui noi dovremo invecchiare.

È una serie di riflessioni indispensabili, e può essere un'altra risposta a chi vorrebbe togliere alla politica la capacità di essere il primo strumento per costruire la società del futuro, per difendere la Pace.

Purtroppo abbiamo spesso la sensazione che a prevalere sia la spinta degli interessi economici.

La proposta dello scudo stellare è stata discussa nel nostro paese più per i benefici possibili per le imprese italiane che per il suo significato innovatore (al di là delle inevitabili conseguenze anche negative) nel poter forse essere veramente un'arma difensiva, che cominci a modificare il principio folle della guerra nucleare, per il quale, in caso di un ipotetico attacco atomico contro un popolo, l'unica possibilità data ai governanti non è quella di difenderlo, ma soltanto quella di decidere in pochi minuti se scomparire da soli o se distruggere anche il popolo del paese nemico.

Ed il contrasto con i principi cristiani diventa qui enorme ed incolmabile.

C'è un rischio grande per la nostra

generazion6' farsi travolgere dall'ansia di non restare indietro, di mantenersi al passo coni tempi, di farsi convincere che gli ideali sono solo residui di un vecchio modo di pensare.

Ci sono tante testimonianze del nostro passato a ricordarci invece che in tutti i campi, dalla costruzione quotidiana della pace alla lotta alle stupidità della guerra, debbono essere i valori a guidare il nostro cammino.

Non possiamo scivolare nella rassegnazione e finire come comparse o spettatori di un progresso guidato dagli interessi economici più forti e non più dalla forza delle speranze più grandi.

Contro questa logica dobbiamo ribellarci, sostituendo alla rassegnazione la voglia di lottare, restituendo politica alle idee e ridando alla politica la guida della società che cambia.

È un cammino difficile per la nostra generazione ma è un impegno al quale ognuno di noi ha il dovere di non sottrarsi.

Don Lorenzo Milani ci ha lasciato alcune parole dure ma così cariche di forza: "Ad un patto l'umanità potrà dire di aver avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e proporzionale al suo progresso tecnico: avere il coraggio di dire ai giovani che essi tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno il responsabile di tutto".

Aveva ragione Don Milani: ognuno di noi sarà responsabile di tutto se dimenticherà che nel cammino per il progresso e per la pace non bisogna mai calpestare la propria coscienza. Anche a costo di ripetere che è vero anche questo: che l'obbedienza non è più una virtù.

Presto sugli schermi: Ghino di Tacco

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