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Portogallo: appunti di viaggio

Nuova Politica - Portogallo: appunti di viaggio pagina 16
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A colloquio con Francisco Gamboa, membro dell'esecutivo dei giovani dc europei sulle condizioni di vita e la politica in uno dei più giovani paesi membri della Cee, alla vigilia delle consultazioni europee che dovrebbero aprire un periodo «costituente».

L'impressione che si ha, arrivando in Portogallo, già dall'areo, è quella di un paese che non presenta tratti mediterranei. La differenza si avverte: la presenza dell'Oceano e la perifericità del paese rispetto al resto d'Europa danno al Portogallo un aspetto particolare. Anche la gente, pur essendo latina, appare meno esuberante rispetto ai vicini spagnoli, quasi malinconica.

Il Portogallo grande 1/3 dell'Italia, con una popolazione di meno di 10 milioni di abitanti (meno di 1/5 di quella italiana), grazie anche ai grandi naviganti (da Magellano a Vasco De Gama), è stato per seco- li uno dei paesi più potenti del mondo e ha dominato dall'America all'India e all'Africa fino in Guinea. Di questa grande potenza poco è rimasto: le colonie a poco a poco, non sempre in modo indolore, hanno acquistato l'indipendenza; ma Lisbona, la capitale, porta in sé i segni di questo grande passato. La storia portoghese trova nella sua capitale una splendida sintesi: i monumenti, le piazze, i palazzi, tutto qui fa rivivere il ricor- • do dei tempi che furono. Questa città, nonostante i numerosi terremoti che nel corso dei secoli hanno attentato alla sua maestosità, conserva ancora intatti i caratteri che fanno di essa una tra le città più belle e più ricche di storia del mondo.

Lisbona è anche il centro della vita politica di questo paese, che con l'ingresso nella Comunità Europea, cerca di togliersi di dosso questo suo isolamento. Il Portogallo, grazie al colpo di stato del 25 aprile del 1974 ricordato col nome di «rivoluzione dei garofani», ha concluso una fase quasi trentennale di regime dittatoriale alla cui testa furono prima Antonio de Oliveira Salazar e poi, dopo la sua malattia, Marcello Gaetano. Il problema che il paese ha avuto in questi anni è stato dunque quello del consolidamento del sistema democratico: dal 2 aprile del 1976 si è dato una costituzione che è stata fino al 1982 sotto la tutela del consiglio rivoluzionario, formato dai militari che hanno voluto la svolta del '74. Dall'82 in poi i militari occupano però nella vita politica del paese un ruolo che, pur restando di prestigio, è sempre più marginale. Il problema della democrazia portoghese non è stato dunque in questi anni analogo per certi versi a quello delle nuove democrazie spagnola e argentina spesso sotto la pressione dei tentati colpi di stato di frangie dell'esercito; qui l'esercito si è realmente messo da parte senza grandi clamori. Piuttosto a Lisbona, dal '74 ad oggi, si sono avute innumerevoli crisi di governo che hanno portato a frequenti scioglimenti anticipati dell'Assemblea nazionale (il parlamento portoghese è stato sciolto infatti in media ogni 2 anni). Dal 1987 però la situazione è cambiata. Il presidente della Repubblica, il socialista Mario Soares, a seguito di un'ulteriore crisi ministeriale che ha portato alla caduta del governo minoritario del premier socialdemocratico Cavaco Silva, ha sciolto l'Assemblea nazionale. Alle susseguenti elezioni anticipate, svoltesi appunto nel 1987, il Partito Socialdemocratico ha ottenuto la maggioranza assoluta (il 52% dei suffragi). Così il Portogallo, che dopo la svolta democratica era stato caratterizzato da una forte instabilità politica, è diventato l'unico paese erupeo nel quale un solo partito ha una così vasta maggioranza; nemmeno la Tatcher in Gran Bretagna governa con un così elevato numero di consensi. Il premier dimissionario Cavaco Silva ha dunque potuto formare un governo stabile che potrà durare fino alla scadenza naturale della legislatura del '91.

Fino all'87 però protagonisti della vita politica erano stati anche gli altri partiti portoghesi: i Comunisti, in sostanziale polemica con l'eurocomunismo di Berlinguer e nonostante Gorbaciov ancora stalinisti, il cui leader storico Alvaro Cunhal è stato il più ferreo oppositore del regime dittatoriale; i Socialisti del presidente della Repubblica Mario Soares, secondo partito del paese; il raggruppamento cui ha dato vita il precedente presidente della Repubblica Eanes: il Partito rinnovatore democratico, e infine il Centro democratico sociale (la Dc portoghese) il cui leader attuale è Diogo Freites do Amaral. I rapporti di forza, dopo le elezioni dell'87 della maggioranza assoluta socialdemocratica, assegnano alla sinistra circa il 40% dei voti: il 15% ai comunisti e il 25% ai socialisti. I due restanti partiti il Prd e il Cds hanno entrambi piccole rappresentanze: quasi il 5% a testa. Il Cds che in passato aveva anche avuto importanti responsabilità di governo, adesso ha un ruolo marginale nella vita politica portoghese e alcuni suoi esponenti alle ultime elezioni del parlamento hanno contribuito in qualche modo all'affermazione del leader Cavaco Silva.

C'è però da dire che se anche un solo partito governa il paese, i problemi e le differenti possibili risposte ad essi sono numerosi. Il paese negli anni della dittatura ha vissuto isolato rispetto al resto d'Europa. Salazar e Gaetano non si sono curati troppo di dare al Portogallo un impulso per lo sviluppo, e il bilancio dello stato in quegli anni era quasi per la metà assorbito dalle spese per le guerre che l'esercito portoghese sosteneva nelle colonie ribelli: in Angola, in Mozambico, in Guinea. Il gap che il Portogallo sta cercando di colmare .è dunque abbastanza ampio.

Certo il reddito sta crescendo, l'economia portoghese nell'86 e nell'87 è cresciuta a ritmi del 4% e i disoccupati non sono più del 5% della forza lavorativa del paese. Di contro l'inflazione è al 9% e vi è un 10% del paese che ancora vive in situazioni di povertà, il reddito procapite è poco più della metà di quello italiano e maggiore nella Cee solo di quello greco ed il deficit commerciale è abbastanza elevato. Anche in Portogallo c'è molta evasione fiscale e chi paga le tasse sono soprattutto i lavoratori dipendenti che di contro non usufruiscono di un sistema di sicurezza sociale che li garantisce realmente: su questi ultimi due punti il malcontento nel paese è forte, gli altri partiti e i sindacati stanno facendo una dura opposizione, ma è opinione comune che il Primo ministro Cavaco Silva finirà persistemare le cose, anche perché dietro l'angolo ci sono le elezioni europee del giugno '89. Uno dei pregi del leader socialdemocratico è infatti, a detta di molti, la sua particolare attenzione per le scadenze elettorali. In effetti la politica dei governi di Cavaco Silva si è caratterizzata per brusche inversioni di marcia alla vigilia delle elezioni, per volgersi alla ricerca del massimo dei consensi. A Lisbona, i giovani con i quali abbiamo parlato, sono convinti che anche in quest'occasione il premier saprà trovare il modo per far quadrare il cerchio in nome della stabilità. Gli altri partiti però soffiano sul fuoco e sperano di cogliere in fallo il governo. Per l'occasione ci dice Francisco Gamboa della Juventude Centrista e membro dell'Esecutivo dei giovani Dc europei il Cds (la Dc portoghese) metterà in pista molti giovani leader, sperando di ritornare ai suoi periodi migliori ottenendo il voto giovanile.

A prescindere da questi riferimenti alle scadenze elettorali, è possibile però affermare che il successo socialdemocratico nasce da una situazione politica fortemente disideologizzata. Si è in presenza in sostanza di una sorta di tripartitismo: al centro i riformisti (i socialdemocratici) per il quali votano anche molti cattolici, da un lato poi i moderati (parte dei cattolici, gli ex «salazaristi» o «marcellisti», da Marcello Gaetano che successe nella dittatura a Salazar}, dall'altro le sinistre che, prive dell'agibilità di uno spazio riformista, sono fortemente connotate in modo «radicale».

Ma torniamo al nostro colloquio con i giovani e con Francisco Gamboa. Come si comporteranno alle elezioni europee del giugno di quest'anno? La sostanza dei loro discorsi ci è sembrata questa: un paese essenzialmente tranquillo e un'assenza di scenari drammatici o drammatizzati strumentalmente. Tutto sembra procedere in modo abbastanza regolare e in maggioranza ci si rende conto della progressività della diffusione di un sistema compiutamente democratico e della gradualità dei processi di sviluppo. Non ci è sembrato perciò, cosa peraltro rilevata da molti osservatori, di registrare fenomeni di alienazione, di frustrazione e di riduzione dei fattori di socialità. Il fenomeno della droga ad esempio non ha assunto le dimensioni macroscopiche del resto dell'Europa Occidentale. La disoccupazione è poi, come abbiamo visto, a livelli molto più bassi rispetto agli altri paesi europei, il 5% appunto; dunque anche le giovani generazioni risultano meno colpite dalla mancanza di lavoro. Un quadro a prima vista quindi più roseo di altre realtà europee, per i giovani. Forse però molti non sanno che il Portogallo ha avuto molto prima di altri paesi il suo '68. Nel maggio del 1961 infatti gli studenti di Lisbona si ribellarono perché non volevano andare a fare la guerra in Angola e il governo di Salazar dovette cedere in parte alle loro pressioni. Si tratta di un fatto poco conosciuto, a causa della già nota perifericità portoghese, ma che è il segno di come anche qui il mondo giovanile fosse allora, anzi ancor prima, attraversato da forti tensioni.

L'accostamento all'Europa è perciò fortemente sentito e il voto dei giovani si esprimerà soprattutto nei confronti di candidati e schieramenti che dimostreranno di puntare credibilmente sull'ipotesi di reale partecipazione ad un disegno europeo. È qui che il governo socialdemocratico dovrà fare attenzione; dovrà cioè far in modo che le nuove generazioni siano parte integrante del processo di sviluppo portoghese. Il precedente leader socialdemocratico Sa Carneiro, che fu capo del governo fino al 1980, e il suo giovane vice il democristiano Amaro da Costa, entrambi scomparsi nell'80 in un incidente aereo, ricorda Francisco, avevano capito che questo era il progetto vincente per la giovane democrazia portoghese ma non ebbero il tempo di mettere in atto questo disegno. Se l'attuale presidente del consiglio Cavaco Silva non riuscirà in questa scommessa, probabilmente molti entusiasmi e speranze che g[i sono intorno si dissolveranno. E su questo che puntano le opposizioni di sinistra e anche gli ambienti cattolici, anche se fin qui hanno votato in larga misura per il leader socialdemocratico. I prossimi mesi probabilmente daranno risposte importanti in questo senso e potrebbero creare mutamenti nel quadro politico. La partita è dunque in corso.

Se altrove le elezioni europee passeranno senza determinare grossi rivolgimenti nella situazione dei paesi, qui in Portogallo avranno un grosso peso. Vincerà, anche nella situazione interna, chi riuscirà a collegarsi a questa speranza d'Europa.

Tutto sommato avverrà qui il contrario di quel che è presumibile possa avvenire in Inghilterra dove la leadership della Tatcher avrà successo se invece riuscirà a bilanciare le spinte verso la partecipazione con quelle più consistenti dello «splendido isolamento».

Tam Tam della pace a Vienna
Nicola Graziani
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Eugenio Galassi

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