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La FGCI promette: meno apparato, più «movimento»

Nuova Politica - La FGCI promette: meno apparato, più «movimento» pagina 24
Nuova Politica - La FGCI promette: meno apparato, più «movimento»

Su «Rinascita» (n. 47), il settimanale del PCI troviamo un commento di Maria Chiara Risoldi al progetto di autoriforma che la FGCI si è data in vista del suo XXIII Congresso Nazionale, che si terrà a Napoli dal 7 al 10 febbraio. Il commento della Risoldi, che ha come titolo le stesse parole con cui si apre il documento delle tesi congressuali della FGCI, «Una nuova generazione è scesa in campo», ruota attorno alla considerazione che oggi è possibile, per l'organizzazione dei giovani comunisti, fare sintesi di tutto quanto si "è mosso e si è smosso" nel mutevole e incerto «pianeta giovani.», durante gli anni '70 e dintorni: «fu tale e tanta varietà [quella dei movimenti e delle soggettività giovanili, n.d.r.] a permettere che quanto di nuovo si stava manifestando non venisse soffocato dalla protervia di alcune ideologie, che lo steccato che rozzamente separava l'impegno ritenuto politico e quello ritenuto «solo» civile venisse alla lunga eroso ed eliminato». E la conclusione, forse un po' affrettata, è che «oggi la FGCI è in grado di raccogliere in un unico patrimonio i lasciti di tanti giovani, di tante diverse esperienze. Di tradurre in uno schema organizzativo ormai quasi un ventennio di trasformazioni».

Ma qual è la nuova proposta organizzativa della FGCI? Sul primo punto, effettivamente, sembrano non esserci dubbi: si parte dall'analisi contenuta in «Giovani oggi, indagine Iard sulla condizione giovanile in Italia» (Il Mulino, 1984) secondo cui, utilizzando come metafora la struttura di un frutto, oggi riguardo all'impegno politico ci sarebbe sì, rispetto al '68-'74, meno «nocciolo» (i militanti), ma ci sarebbe parimenti meno «buccia» (i semplici interessati) e soprattutto tanta «polpa» in più (gli attivi saltuari). Quindi la politica sarebbe meno importante nella vita di un giovane, ma allo stesso tempo abbastanza importante nella vita di un numero maggiore di giovani. Questa interpretazione della realtà giovanile si presta a qualche rilievo e genera anche qualche perplessità, ma non è questa la sede per esplicitare i rilievi e le perplessità (v. «Nuova Politica», n. 3); qui si vogliono piuttosto riportare le linee essenzialidella proposta organizzativa di cui si diceva (che non è «ispirata» solo dalla indagine della Iard, ma maturava già da tempo in casa "figiciotta"), e per fare questo i riscontri più utili sono il già citato documento per il XIII Congresso («Una nuova generazione per cambiare la politica e la società», su «L'Unità» del 23/XI/84, pp. 11-14) e la relazione di Marco Fumagalli, segretario nazionale della FGCI,al Comitato Centrale del PCI del 29/XI/84 («Le nuove generazioni nella lotta per una nuova società», su «L'Unità» del 30/Xl/84, p. 9).

Questa autoriforma dovrebbe procedere lungo due direttrici: dalla «mediazione» della politica alla «immediatezza» della vita individuale, e dalla «verticalità» di un'organizzazione impostata sul tesseramento alla «trasversalità» di una presenza articolata per contenuti. Concretamente, si tratterebbe di costituire una serie di «leghe» (degli studenti comunisti, degli universitari comunisti, dei disoccupati e dei giovani occupati, dei circoli territoriali) e di «Centri d'iniziativa» (in ordine cioè a singoli temi: pace, droga, ambiente, sport, questione femminile...), ognuno dei quali dotato di un proprio tesseramento autonomo e di un proprio gruppo dirigente; la struttura si articolerebbe in una rete federativa di gruppi a livello locale, provinciale e nazionale. che si affiancherebbe alla struttura vera e propria degli iscritti alla FGCI; e la sintesi sarebbe un «consiglio nazionale» che esprimerebbe a sua volta un direttivo, eletto per metà su base federativa e per metà dal congresso nazionale della FGCI.

Ed è con questa struttura che la FGCI si propone un rilancio, stante la attuale crisi di presenza ma anche di proposta politica: infatti Marco Fumagalli si è dichiarato preoccupato non solo del calo delle iscrizioni (si è passati dagli oltre 400.000 iscritti dei primi anni cinquanta ai 49.000 del I983, tenendo presente che solo nel '78 i figiciotti erano 113.000, e che oggi nel PCI gli ultrasettantenni sono 187.000, 9.000 in più degli infratrentenni) ma, ancor più, della carenza di proposta politica. Il segretario della FGCI ha affermato, ad esempio, che riguardo ai giovani, da parte del PCI, «pesano gravi incomprensioni che non hanno solo origine nell'oggi, ma nella stessa storia del movimento operaio», e che esiste una frattura, difficile da colmare, riconducibile anche alla «cultura puramente produttivistica» del movimento comunista e del sindacato. Tutto questo dimostra una certa capacità di autocritica, e una volontà di fare di nuovo i conti con la propria storia; ma richiede anche un distacco dalla propria tradizione, e soprattutto dalla propria «cultura dell'apparato», di cui raramente in passato la FGCI ha dato prova.

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