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13ª sessione

Il Mediterraneo: questione d'oriente, l'Europa e le due superpotenze

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Nuova Politica - Il Mediterraneo: questione d'oriente, l'Europa e le due superpotenze

«O Iddio che vagli e rinovelli / nel Mar le stirpi, o lddio che le cancelli / i viventi i viventi saranno quelli / che sopra il mare / ti glorificheranno, sopra il Mare/ t'offriranno mirra e sangue dall'altare/ che porta il rostro. / Fa di tutti gli oceani il Mare Nostro!».

«Il Mediterraneo, rimanendo zona di conflitti, si è trasformato in una arena di pericoloso confronto militare (...) la causa principale di questo stato di cose risiede nelle aspirazioni imperialistiche degli Stati Uniti e nel corso politico-militare awiato nella regione quale risultato della politica del neoglobalismo perseguita dalla amministrazione Reagan».

Dalla poesia di D'Annunzio alla prosa della Tass. Il caso della Achille Lauro ha attirato l'attenzione dei governi e delle opinioni pubbliche di tutto il mondo sui pericoli per la sicurezza globale che possono venire da un'area così densa di conflitti, di natura militare e terroristica come il Mediterraneo.

Agli inizi del secolo uno storico belga scomparso durante la prima guerra mondiale, Henry Pirenne, affermava che non è vero che il Medioevo sia iniziato con il 476 e la deposizione di Romolo Augusto, ultimo imperatore d'occidente. La fine del mondo antico, quella di una grande epoca della storia universale, si ha quando si rompe l'unità commerciale e culturale (quella politica non esiste più da lungo tempo) dell'autentico cuore del mondo allora conosciuto, il Mediterraneo.

Il Lago Romano non fu più tale, a detta qi Pirenne, con l'arrivo degli arabi. E così il mondo.

L'equilibrio tra i due grandi poli creatisi allora, quello europeo e cristiano e quello islamico, non è mai stato stabile. Tantomeno lo è ora che il secondo non ha più trovato un assetto definitivo dopo la fine dell'Impero Turco, il colonialismo europeo e la creazione dello stato di Israele. Con l'aggravante che ora a scontrarvisi più o meno indirettamente sono anche le due superpotenze. Chi minaccia la pace nel mediterraneo? Chi la difende? Domande così nette non possono avere una risposta altrettanto chiara. L'ultimo anno ha visto una serie impressionante di avvenimenti (dopo il sequestro della Achille Lauro le azioni terroristiche di Abu Nidal definite «azioni eroiche» dalla Jana, la crisi della Sirte, il bombardamento di Tripoli e Bengasi, il vertice di lfrane tra Hassan Il del Marocco e Shimon Peres) che danno l'idea di un quadro in continuo movimento. Distinguere nettamente in una situazione così complessa ra il bene ed il male, tra chi ha ragione e chi ha torto, è cosa assai difficile. Pretendere di spiegarsela è forse come nel secolo scorso cercare di capire la questione dello SchleswigHolstein. Bismark diceva che l'avevano capita in tre. Ma uno era morto, un altro era finito in manicomio, ed il terzo se l'era dimenticata. Sicché lui si trovò costretto ad usare la forza.

Unico nemico totale della pace è il terrorismo, e con esso gli stati che a vario titolo (e sono diversi) lo foraggiano e lo tutelano. Per il resto i contorni dei ruoli svolti dalle varie potenze impegnate nella regione sono quantomai sfumati. Come lo sono del resto in molte altre zone calde dello scacchiere geopolitico internazionale.

Certo è che l'alleanza atlantica, e l'europa occidentale in particolare, non si possono permettere sviste di alcun genere in una zona di interessi così vitali.

Affermava Raymond Aron all'epoca della pubblicazione in Francia delle sue «Memorie» (due anni prima della sua scomparsa) che una politica mediterranea da parte del- 1'Europa (si era all'epoca della presenza della forza multinazionale di pace in Libano) non aveva poi molti senso, perché a fare politica nella regione ci pensavano già abbastanza le due superpotenze.

Potrà essere vero, e del resto Aron non poteva dire altrimenti, ma la pace nel Mediterraneo è una questione talmente importante da non poterla affidare a mani straniere.

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