La nuova frontiera aperta da Cristoforo Colombo. L'America ed il mondo
Cristoforo Colombo fece bene o fece male a scoprire l'America? L'importanza storica del suo operato è sotto gli occhi di tutti. Resta aperto a quasi 500 anni dal suo sbarco su una spiaggia americana un giudizio su di esso.
Da allora, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, sono stati in molti da una parte e dall'altra del mondo a chiederselo. Non è male pertanto chiederselo una volta di più. Da quando le caravelle di Colombo rientrarono in Spagna con la notizia che la via delle Indie esisteva anche ad occidente, il pensiero e la letteratura di immaginazione europea (ma non solo quella) si sbizzarrirono ad immaginare la costruzione di un mondo nuovo in quello che già veniva definito il Nuovo Mondo. Gli esploratori poi, un po' per interesse un po' per non morire (come si suole dire), fomentavano le attese con i loro racconti fantastici su El Dorado, la Gran Quivira, le sette città di Cibola ed il Regno delle Amazzoni. Quindi vi fu chi le utopie teorizzate in Europa cercò di realizzarle sul serio.
I gesuiti con la repubblica del Guarani nel Paraguay, svillaneggiata poi da Voltaire in «Candido», oppure i Falastieri organizzati da Owen e non sopravvissuti abbastanza per essere svillaneggiati da nessuno.
Secondo Tommaso Moro, l'America era uno spazio politicamente libero ed in esso immaginò una repubblica ideale costruita e governata dalla ragione, in cui gli uomini vivevano liberi nella società e nella religione e senza disuguaglianze generate dalla proprietà privata. Secondo le sue parole dove gli uomini non fossero mangiati dalle pecore.
Da quell'epoca il sogno americano è stato una costante nel pensiero e nell'immaginazione occidentale. Il risultato di un errore di navigazione definito da una scrittrice il luogo dove «il lieto fine è divenuto la fede nazionale» di attese ne ha create tante. Per disattenderle, per taluni, per rispettarle nella sostanza (il nostro resta sempre il migliore dei mondi possibili, ripeteva Leibniz) per altri.
«Davanti a me c'è l'Ovest, quella che un giorno era l'estrema frontiera» ricordò John Fitzgerald Kennedy alla convention di Los Angeles del 1960, quando ottenne la nomination per le presidenziali di quell'anno.
«Partiti da terre lontane tremila miglia i pionieri rinunciarono alla sicurezza, alle comodità e talvolta alla vita per giungere qui a costruire un nuovo mondo... Si dirà che ogni orizzonte è stato esplorato, che tutte le battaglie sono state vinte che non esiste più una frontiera americana. Ma non tutti i problemi sono stati risolti, non tutte le battaglie sono state vinte e noi ci troviamo alle soglie di una nuova frontiera (...) una frontiera aperta a vie ed a prospettive ancora ignote, una frontiera aperta a mille speranze ancora inappagate ed a minacce ancora incombenti... La nuova frontiera di cui parlo non consiste in una serie di promesse ma in una serie di impegni (...) oltre di essa sono le zone inesplorate della scienza e dello spazio; della pace e della guerra, le sacche ancora non vinte dell'ignoranza e del pregiudizio, le irrisolte questioni della miseria e della abbondanza».
Mille giorni dopo Kennedy fu fermato da tre colpi di fucile. Ma qualcuno potrà mai fermare l'America?


