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Una società aperta

Nuova Politica - Una società aperta pagina 86
Nuova Politica - Una società aperta

L'Italia è vigilata speciale di Amnesty International per i diritti degli immigrati. Il nostro Paese è sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per la vicenda degli albanesi. Ma soprattutto l'Italia è un paese europeo, fa parte di quel mondo del benessere che comincia oggi a vivere le forti contraddizioni del villaggio globale.

Le ondate migratorie sono appena all'inizio. Le previsioni dicono – con un certo margine di sicurezza – che dobbiamo prepararci ad arrivi sempre più frequenti e consistenti: dal terzo mondo della crescita esponenziale, dai paesi dell'Est della nuova libertà, dall'Unione Sovietica che non è più né unita né sovietica, dai Balcani che si "balcanizzano".

Al momento attuale, la distribuzione per aree di provenienza degli stranieri extracomunitari regolarizzati, segue un andamento di questo tipo: quasi la metà proviene dalle regioni del Maghreb (Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia), il 36% del totale arriva dal resto dell'Africa e dall'Estremo Oriente, mentre dall'Est europeo – senza contare le recenti ondate degli albanesi e i primi profughi della guerra civile jugoslava – proviene circa il 10% degli immigrati. Il resto degli arrivi è targato Medio Oriente (Iran, Libano, Turchia) e America centro-settentrionale. I clandestini, come è comprensibile, non sono quantificabili. La maggior parte degli stranieri viene in Italia per difficoltà economiche nel paese di origine, con la speranza di trovare un lavoro migliore, oppure arriva per motivi politici.

Proviamo a ripercorrere rapidamente alcune delle principali tappe di questa stagione dei primi incontri tra italiani e nuove migrazioni, per valutare l'impatto, per riflettere, per immaginare una possibile organizzazione per il futuro.

Nel dicembre 1989 viene alla luce il decreto legge numero 416 sugli immigrati. A parte le lunghe code fuori dalle questure per le regolarizzazioni previste dalla sanatoria, si può parlare di un periodo di relativa quiete, almeno nel dibattito politico e nella piazza. Nel febbraio '90 viene siglata un'intesa tra Italia e Tunisia per il controllo della migrazione clandestina. Contemporaneamente inizia la polemica tra repubblicani e socialisti per la conversione in legge del decreto-immigrati. Alla fine di febbraio la legge Martelli viene licenziata dalle Camere. La sera dell'ultimo di carnevale del 1990 rimarrà tristemente famosa per gli episodi razzisti di Firenze. Non si tratta di un caso isolato: in altre città italiane si segnalano simili fatti di violenza. La tensione è alle stelle.

Intanto a Bari arrivano 54 immigrati clandestini asiatici: è il blocco, poi lo sblocco e la richiesta di asilo politico. C'è chi chiede la mobilitazione dell'esercito per il controllo delle frontiere. In Campania, a Villa Literno, la polizia scopre alcune organizzazioni malavitose dietro lo sfruttamento dei clandestini africani.

Questi i primi "botti". Poi, storie di cronaca ordinaria fino al secondo periodo cruciale.

Primavera-Estate 1991: i fatti politici che si susseguono in Albania scatenano l'odissea degli albanesi. Con due grosse ondate, imbarcata su zattere di fortuna, la gente di Tirana e di Durazzo approda sulle coste pugliesi alla disperata ricerca di una nuova vita nel luccicante mondo del benessere. Sicuramente illusi, sicuramente troppo pretenziosi nelle loro richieste, non tutti gli albanesi possono ricevere adeguata accoglienza. La gente di Puglia e le organizzazioni assistenziali si prodigano nel primo soccorso, ma nei limiti del possibile. L'ondata estiva riversa nei porti di Bari, Brindisi e Otranto migliaia di profughi. Le forze dell'ordine sono in difficoltà. I ministri Boniver e Scotti non riescono a districarsi. La soluzione arriva, ma non è delle più lucide. Alcuni albanesi vengono rinchiusi in uno stadio del capoluogo pugliese, altri sono spediti nei vari centri di accoglienza diffusi in tutta la penisola. Ma il loro soggiorno italiano non dura a lungo: dopo un estenuante tira e molla, con uno stratagemma gli "irriducibili" vengono rimpatriati.

La vicenda ha portato a galla una serie di gravi problemi: il nostro paese dà segni di inefficienza, ma soprattutto la Comunità europea si dimostra preoccupantemente impreparata davanti a un fenomeno in costante espansione. E non è solo una questione di adeguamento politico: la società aperta è ancora da costruire.

La legge Martelli

La legge numero 39 del 28 febbraio 1990, recante "Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari e apolidi già presenti nel territorio dello Stato", è meglio nota come legge Martelli.

Si tratta di un provvedimento che tenta di adeguare la legislazione italiana ai nuovi sviluppi del problema migratorio. Ad ogni buon conto non si tratta di un intervento definitivo. L'urgenza, sottolineata anche dal titolo della legge, ritarda ancora l'introduzione di una disciplina organica, necessaria per affrontare nel migliore dei modi un fenomeno non episodico, ma in continua crescita.

Elenchiamo i principali provvedimenti previsti dalla legge, con particolare attenzione alle novità degne di nota.

  1. Ingresso: è necessario il visto per motivi turistici, di studio o di lavoro, concesso solo a chi dimostra di avere adeguati mezzi di sostentamento. È permesso l'ingresso per ragioni familiari o di culto. Il divieto di ingresso viene esteso agli appartenenti ad associazioni terroristiche.
  2. Programmazione dei flussi: i nuovi criteri per determinare il numero di stranieri da ammettere in Italia sono stabiliti annualmente dal governo, sentite la Conferenza Stato-Regioni e le associazioni sindacali.
  3. Sanatoria: riguarda gli extracomunitari già presenti in Italia prima del varo della legge. Il termine per la loro regolarizzazione è ritardato rispetto ai 180 giorni previsti dal precedente decreto. Prevista anche la possibilità di iscrizione alle liste di collocamento e di richiesta del servizio sanitario.
  4. Asilo politico e rifugiati: cade la riserva geografica che riconosceva il diritto di asilo ai soli cittadini dell'Europa dell'Est. Contro i provvedimenti che negano il riconoscimento dello status di rifugiato è ammesso il ricorso al Tar.
  5. Soggiorno: sono previste più ampie possibilità di tutela giurisdizionale contro il rifiuto dell'istanza di soggiorno.
  6. Espulsione: è decretata in conseguenza di una condanna per certi reati, per cui il condannato sia da ritenersi persona socialmente pericolosa. Lo stesso provvedimento è previsto per violazioni in materia di intermediazione di manodopera, sfruttamento della prostituzione, delitti contro la libertà sessuale.
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