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Si procede tra gioie e affanni

Nuova Politica - Si procede tra gioie e affanni pagina 123
Nuova Politica - Si procede tra gioie e affanni
Pio XII, 13 giugno 1957, allocuzione «Nous sommes heureux» al Congresso d'Europa, indetto dal Consiglio italiano del Movimento europeo (un migliaio di parlamentari delle sedici nazioni che aderiscono al Movimento, soprattutto dei sei Stati che compongono la CECA: Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo; tra i presenti, il presidente internazionale del Movimento, Robert Schuman)

Siamo lieti di ricevervi, Signori, in occasione del Congresso d'Europa, riunito per iniziativa del Consiglio italiano del Movimento europeo. Voi avete voluto con i vostri lavori contribuire a rafforzare la collaborazione tra le organizzazioni e le forze politiche, perché si costituisca senza ritardo l'unità dell'Europa.

Voi sapete con quale sollecitudine noi seguiamo i progressi dell'idea europeistica e degli sforzi concreti, che mirano a farla maggiormente penetrare negli spiriti e a darle, secondo le attuali possibilità, un inizio di attuazione. Sia pur attraverso fasi alterne di successi e di rovesci, essa ha, in questi ultimi anni, guadagnato molto terreno. Infatti, fino a quando essa non si incarnava in istituzioni comuni dotate di una autorità propria e indipendenti, in una certa misura, dai governi nazionali, la si poteva considerare come un ideale molto bello senza dubbio, ma più o meno irraggiungibile.

Ora, nel 1952, i Parlamenti di sei paesi dell'Europa occidentale hanno approvato la formazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), i cui risultati si rivelano attualmente incoraggianti sul piano economico e sociale. La Comunità europea di difesa (CED), che doveva impegnare gli sforzi di unificazione sul piano militare e politico, urtò invece contro vivaci resistenze che la fecero fallire. In quella occasione, molti pensarono che le prime speranze di sortire all'unità avrebbero impiegato lungo tempo a risorgere. In ogni caso, il momento di affrontare direttamente il problema di una comunità soprannazionale non era ancora giunto, e si dovette ripiegare sulla formula dell'Unione europea occidentale (UEO) che, oltre l'assistenza militare, aveva il compito di favorire la collaborazione in campo sociale, culturale ed economico. Ma siccome il principio della decisione maggioritaria nel Consiglio dei Ministri vi è sottoposto a strette limitazioni, e siccome I'Assemblea non è in grado di imporre la sua volontà e di esercitare il controllo parlamentare, non la si può considerare come un fondamento sufficiente per edificarvi una vera comunità di Stati. Fin dalla primavera del 1955, ebbe inizio quello che è stato chiamato «il rilancio europeo»; esso doveva metter capo il 25 marzo 1957 alla firma dei trattati dell'Euratom e del Mercato comune. Benché limitata al campo economico, questa nuova comunità può condurre, per l'ampiezza stessa di tale campo d'azione, a consolidare tra gli Stati membri la coscienza dei loro interessi comuni dapprima sul solo piano materiale, senza dubbio, ma, se il successo risponde all'aspettativa, essa potrà in seguito estendersi anche ai settori che toccano più da vicino i valori spirituali e morali.

Il vostro Congresso ha guardato apertamente all'avvenire e ha esaminato in primo luogo il punto decisivo, da cui dipende la costituzione di una comunità in senso proprio: lo stabilimento di un'autorità politica europea in possesso di un reale potere che impegni la sua responsabilità. A questo riguardo, l'esecutivo della Comunità Economica Europea (CEE) segna un regresso in rapporto a quelle della Comunità del Carbone e dell'Acciaio, in cui l'Alta Autorità gode di poteri relativamente vasti e non dipende dal Consiglio dei Ministri che in determinati casi. Tra i compiti, che ora vi attendono, si pone dapprima la ratifica, da parte dei vari Parlamenti, dei suddetti trattati sottoscritti a Roma il 25 marzo; poi dovrete cercare i mezzi per provvedere a rafforzare l'esecutivo nelle comunità esistenti, per giungere infine a progettare la costituzione di un unico organismo politico.

Voi avete anche studiato il problema di una politica estera comune e notato a questo proposito che, per essere applicabile e feconda di risultati positivi, essa non suppore necessariamente che l'integrazione economica sia già un fatto compiuto. Una politica estera europea comune, suscettibile d'altronde di differenziazioni secondo il quadro dell'organismo internazionale in cui si esercita, si regge egualmente sulla coscienza di interessi comuni economici, spirituali e culturali; diventa indispensabile in un mondo che tende a riunirsi in blocchi più o meno compatti. I punti d'appoggio fortunatamente non mancano, per renderla operativa nelle istituzioni europee esistenti, ma essa attende ancora uno strumento efficace di elaborazione e di applicazione.

Infine voi avete considerato i problemi dell'associazione dell'Europa e dell'Africa, oggetto di notevole attenzione da parte del recente trattato del Mercato comune. Ci sembra necessario che l'Europa mantenga in Africa la possibilità di esercitare il suo influsso educativo e formativo e che, alla base di quest'azione, essa apporti un aiuto materiale vasto e comprensivo, che contribuisca a innalzare il livello di vita dei popoli africani e a valorizzare le ricchezze naturali di quel continente. Così essa dimostrerà che la sua volontà di formare una comunità di Stati non costituisce un ripiegamento egoistico, che essa non viene determinata da un riflesso di difesa contro le potenze esterne minaccianti i suoi interessi, ma che procede soprattutto da moventi costruttivi e disinteressati.

Nell'ora presente, si scorge sempre più la necessità dell'unione, nonché quella di porre pazientemente le basi su cui essa poggerà. Tra gioie e affanni, la costruzione procede e, nonostante i tentativi falliti, la si porta avanti coraggiosamente. Voi osate oltrepassare arditamente lo stadio delle realizzazioni attuali, per preparare già le pietre necessarie all'edificio di domani. Noi ce ne rallegriamo, persuasi che l'ispirazione che vi anima procede da un sentimento retto e generoso. Voi volete procurare, nel miglior modo possibile, all'Europa tante volte lacerata e insanguinata, una coesione duratura, che le permetta di continuare la sua missione storica. Se è vero che il messaggio cristiano costituì per essa come il fermento messo nella pasta, che la lavora e fa sollevare la massa, non è men vero che il medesimo messaggio rimane, oggi come ieri, il più prezioso dei valori di cui essa è depositaria, capace di conversare, nella loro integrità e nel loro vigore, insieme con l'idea e con l'esercizio delle libertà fondamentali della persona umana, la funzione delle società familiare e nazionale, il rispetto verso le differenze culturali, lo spirito di conciliazione e di collaborazione, con l'accettazione dei sacrifici che esso comporta e della dedizione che richiede. Nessun compito di ordine temporale giunge alla sua attuazione senza suscitarne altri, senza far sorgere, con la sua stessa realizzazione, altri bisogni, altri obiettivi. Le società umane si trovano in un continuo divenire, sempre alla ricerca di una migliore organizzazione e, spesso, non sopravvivono che scomparendo e dando così vita a forme di civiltà più luminose e più feconde. A ciascuna il cristianesimo conferisce un elemento di sviluppo e di stabilità; soprattutto esso dirige il loro cammino in avanti verso uno scopo ben definito e concede loro l'immutabile certezza di una patria che non è di questo mondo e che sola conoscerà l'unione perfetta, perché procederà dalla forza e dalla luce di Dio stesso.

Ci auguriamo di tutto cuore che tale ideale guidi sempre le vostre ricerche e vi consenta di sopportare senza scoramenti le fatiche, le amarezze, le delusioni connesse a ogni impresa di tale portata. Possiate preparare agli uomini del nostro tempo una dimora terrestre che assomigli maggiormente al Regno di Dio, Regno di verità, d'amore e di pace, al quale essi aspirano nel più profondo del loro essere.

In pegno dei favori divini che imploriamo sui vostri lavori, noi vi accordiamo, per voi stessi, per le vostre famiglie e per quanti vi sono cari, la nostra apostolica benedizione.

Un disegno provvidenziale
L'obbligo morale dell'Europa