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Francia

Non sempre è «douce France»

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A celebrare il prossimo anno il bicentenario della Rivoluzione francese sarà il presidente più trasformista tra i numerosi che, dall'epoca della Terza Repubblica, hanno seduto all'Eliseo.

Francois Mitterand è il primo socialista francese ad occupare la poltrona presidenziale dai tempi, non troppo eroici per la causa delle sinistre, in verità, di Leon Blum. È arrivato al potere nel 1981 promettendo una via nazionale al socialismo grazie alla alleanza con un Partito comunista costretto a criticare mosca per l'invasione dell'Afghanistan. Quindi ha avviato la nazionalizzazione delle principali industrie del paese, ad iniziare dalla Renault.

Passo successivo, il rafforzamento delle strutture già in perdita di welfare state, deciso proprio quando nella vicina Germania Federale i socialisti dell'SPD stanno per essere costretti ad andare all'opposizione dal cambiamento di alleanze deciso dai liberali.

Con questi al governo di Bonn sono tornati i democristiani della Cdu e della CSU. Il manifesto politico del nuovo corso tedesco è però il libro di un pensatore della FDP, Ralf Dahrendorf, che sancisce «la fine del secolo socialdemocratico» nel nome della «eguaglianza delle opportunità». Mitterand invece è convinto che la socialdemocrazia o il socialismo degli anni '70 ha ancora grande futuro e prosegue nella sua politica. Alla fine del 1982 è costretto a ripensarci. L'inflazione è sui livelli italiani del tempo, il deficit dello stato ha raggiunto punte che non si registravano più dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ed in un momento in cui la «Reaganomics» americana crea sette milioni di posti di lavoro all'anno la Francia conosce una disoccupazione «all'inglese» ed il pericolo della recessione, con il rischio di perdere quel po' di prestigio internazionale che le resta dai tempi di De Gaulle.

Il presidente compie una prima brusca virata. Non è la prima della sua carriera politica, iniziata negli anni della resistenza ai nazisti e vissuta passando dal nazionalismo socialista al terzomondismo sessantottino poi al radicalismo e alla socialdemocrazia. Il socialismo alla francese non è più lo stesso, dopo il 1982. Il posto principale nel programma del PSF non è più l'uguaglianza, ma l'efficienza. Il primo ministro Moroy è sostituito dal giovane Laurent Fabius. Fabius non solo è molto giovane (40 anni) ed efficientista. E anche legato agli ambienti dell'iniziativa privata francese, seguendo in questo più il modello socialista italiano che non quello socialdemocratico tedesco federale.

La svolta non basta a mantenere al governo le simpatie del centro. Nel frattempo si è consumata la rottura con il partito comunista. Il governo delle sinistre diventa governo del centro-sinistra. Nel 1986 addirittura governo con il centrodestra, quando il sindaco di Parigi, Jacques Chirac, diventa primo ministro. La «coabitazione» non dura a lungo, solo fino a quest'anno, quando Chirac è costretto ad abbandonare la carica in seguito al risultato delle ultime elezioni politiche, dove il PSF ed il blocco di centro-destra raggiungono risultati pressoché identici. Quanto basta, vale a dire, al partito socialista per riottenere la guida del paese ed a Chirac e Barre ad evitare la catastrofe.

In questi anni il governo si è adoperato a preparare con la solennità dovuta il bicentenario della Rivoluzione, che è anche autocelebrazione della Francia. La prima iniziativa, nel lontano 1982, è stata di commissionare al regista polacco Andreij Waida un film su Danton. Ne è uscita una condanna del totalitarismo e dell'intolleranza di sinistra, impersonificata da Robespierre. Scandalo nelle sinistre, soddisfazione tra gli ambienti «revisionisti». Quest'ultimi, in fondo, sono rappresentati ai massimi livelli dallo stesso Presidente, capace di compiere in otto anni all'Eliseo ben tre rivoluzioni per arrivare a celebrarne una quarta.

Non è facile indicare per questo paese un unico settore trainante in economia: quelli che vengono subito alla mente, sono legati all'industria automobilistica, alla moda o alla produzione di vini. Interessante è pure il livello di sviluppo che la produzione di energia elettrica è riuscita a raggiungere, grazie in larga parte alle numerose centrali nucleari già operanti e che permette l'esportazione di energia in grandi quantità.

La Repubblica francese è composta da 96 dipartimenti della Francia metropolitana (raggruppati in 22 regioni amministrative), dai Dipartimenti d'Oltremare ed i territori d'Oltremare. L'ordinamento Statale è regolato dalla Costituzione della Quinta Repubblica varata nel 1958 e che attribuisce una posizione. di particolare preminenza al Presidente della Repubblica. Questi, è eletto direttamente dal corpo elettorale, con un mandato settennale, oltre ad essere Capo dello Stato, è anche il capo del potere esecutivo.

A lui spetta la nomina del Primo Ministro e, su proposta di questi, la nomina dei Ministri. Il potere legislativo è affidato ad un Parlamento organizzato in chiave bicamerale. È composto dall'Assemblea Nazionale (491 membri eletti per suffragio universale diretto) e dal Senato (272 componenti eletti per nove anni dai consiglieri comunali, dipartimentali e dai deputati e rinnovabili per un terzo ogni tre anni). Quello francese non è però un bicameralismo perfetto: il parere contrario del Senato su di un disegno di legge è superabile con una nuova positiva votazione dell'Assemblea Nazionale. Il quadro politico locale è riconducibile ad un sistema bipolare: gruppo centralista-moderato (neogollisti, giscardiani e centristi), risponde un molto forte partito socialista. Il partito comunista è fermo ai livelli del suo minimo storico ed il Fronte Nazionale è la formazione che raccoglie le istanze dell'estrema destra del Paese.

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