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Questo mese

Nuova Politica - Questo mese pagina 3

Largo al Dibattito

C'è una strana sindrome nel nostro partito in questo periodo. Una «gran confusione sotto il cielo» come direbbe qualche «reduce» del '68, di gran voga quest'anno. Mentre si veleggia a Palazzo Chigi e si disquisisce di programmi gli unici movimenti interni al partito sembrano essere di tipo «gestionale» oppure di velleitario «collegamento generazionale». Gli uni e gli altri, al di là dell'appartenenza correntizia assomigliano più ad una DC degli anni '50 e '60. Una DC che credevamo francamente morta e sepolta. Perciò compito primario del MGDC torna ad essere quello di riaprire il dibattito non solo su sè stesso o sui giovani (attenzione al giovanilismo d'attacco) ma soprattutto sui temi dello sviluppo e della modernità e di come il nostro partito, ed i nostri esponenti che sono al Governo, si rapportano alla società civile. Anche questa è fase Costituente. Aprono il dibattito il Presidente CN-MGDC Malvestio, il vice-delegato nazionale Fiorillo e Giorgio Merlo, nostra vecchia conoscenza. Ma non basta commemorare e conoscere, bisogna agire.

Messaggio in bottiglia dal Movimento femminile

Ha senso il Movimento femminile o no? Per anni se ne è discusso nel partito senza giungere a conclusioni.

Ma in pochi poi si fanno le domande importanti sul rapporto tra il nostro partito e le donne in genere e quelle del nostro partito in particolare.

Per esempio: perché temi come la famiglia, i problemi sociali, la violenza sessuale, sono sempre demandati nella DC alle donne? Forse che esse non possono decidere la linea generale del partito? Non mi pare proprio.

O forse certe tematiche crediamo siano «minori» e perciò appannaggio di coloro che vengono sempre accolte nei congressi di partito con un sorrisino e, talvolta, con commenti più o meno benevoli sulla loro avvenenza senza neanche ascoltare? Il discorso è lungo e complesso e non basta un atteggiamento univoco: anche le nostre donne dc devono aiutarci a farle uscire dal «ghetto» in cui vorrebbero tenere loro come noi «giovani» nel partito.

We bave a dream...

Venti anni fa, il 4 aprile 1968 un uomo di pace, indifeso e mai domo veniva assassinato a Memphis. Il suo nome era Martin Luther King, di professione pastore protestante, politico per vocazione e non-violento per scelta.

Che delusione per i suoi assassini. Hanno cancellato la sua vita ma non hanno tolto dalla memoria collettiva di chi cerca la pace e la tolleranza nel mondo uno solo dei suoi gesti.

Ma non basta commemorare, bisogna conoscere a fondo.

Il «Dossier» di questo numero di NUOVA POLITICA è dedicato a lui e come sempre serve come spunto per eventuali approfondimenti.

Però abbiamo voluto fare una eccezione pubblicando il suo discorso più citato e tuttavia meno letto, quello conosciuto per una frase stupenda, grande per amore e per politica: «I HAVE A DREAM», pronunciato il 28 agosto 1963 al termine di una marcia di 250.000 persone su Washington per chiedere il rispetto e la dignità dell'America per i «coloured». Ancora oggi in Sudafrica la popolazione di colore è gravemente discriminata. Un movimento giovanile di partito deve agire sul proprio gruppo parlamentare e sui propri esponenti di partito per isolare i Governi che discriminano e praticano quotidianamente il razzismo, a cominciare da quello di Pretoria, con il quale ancora troppe industrie italiane fanno affari e perfino qualcuna riesce a vendere armi «saltando» l'embargo sentenziato dall'ONU.

E soprattutto, dobbiamo impegnarci qui, nel nostro Paese prima che rigurgiti razzisti alla «Le Pen» insorgano come fenomeni strumentalizzabili da più di qualche forza politica o sociale. La legge varata l'anno passato sugli stranieri che lavorano nel nostro Paese deve essere solo l'inizio di una legislazione che ci caratterizzi non solo come Paese «civile e benpensante», ma come popolo che vede nell'integrazione razziale un suo arricchimento culturale ed umano.

Obiettivo Europa
Massimo Malvestio