Warning: Undefined array key "1987_6" in /var/www/vhosts/nuovapolitica.it/httpdocs/rivista/articolo.php on line 309
NUOVA POLITICA
pagina 22
Riforme

Collegio uninominale: una proposta

Nuova Politica - Collegio uninominale: una proposta pagina 22
Nuova Politica - Collegio uninominale: una proposta
Ci avviamo verso una fase di grandi riforme istituzionali. La proposta per un rapporto diretto tra cittadino ed eletto: un solo candidato per ogni circoscrizione. Una enorme innovazione nel costume politico, nella selezione della classe dirigente.

Nei quaranta anni trascorsi dalla nascita dell'Italia repubblicana l'impianto del nostro sistema istituzionale è rimasto immutato. La Costituzione ha disegnato un modello di Stato parlamentare classico, con una legge elettorale proporzionale. Il sistema italiano si è subito costituito con un forte pluripartitismo e, tranne la DC nella prima legislatura, nessun partito ha mai avuto la maggioranza assoluta. La regola pressoché costante è stata quindi quella dei governi di coalizione.

Se si vuole tracciare un bilancio delle nostre istituzioni in questo periodo esso è certamente positivo. Il sistema politico ha consolidato la democrazia, favorito un forte progresso economico e sociale. In cambio l'Italia ha vissuto lunghe fasi di instabilità e soprattutto la pubblica amministrazione si è sempre più allontanata da uno standard moderno. Ma non vi è dubbio che abbiamo vissuto un periodo positivo.

Eppure tutto lascia prevedere che ci avviamo verso una fase di grandi riforme istituzionali, che nella prossima legislatura questo sarà il tema centrale. Quali i motivi che fanno prevedere una fase storica di nuove regole politiche? La prima è che stiamo vivendo in questi mesi la fine del ciclo politico di centrosinistra. La rottura che sta avvenendo in modo così clamoroso non è un fatto accidentale. È la conseguenza di una nuova strategia che il partito socialista dapprima aveva delineato come prospettiva, e che adesso comincia a realizzare concretamente: quella della creazione di una grande sinistra a guida socialista. Disegno di grande respiro e di tutto rispetto, certo, ma che porta comunque alla rottura della alleanza attuale e una fase instabile e pericolosa. Se questo accade, è possibile che il Paese si divida nei prossimi anni in due coalizioni pressoché equivalenti nella forza, nessuna delle quali in realtà sarebbe in grado di governare con il sistema proporzionale. La esigenza di un sistema diverso si può porre quindi come unico fatto che consenta di superare una crisi di instabilità e di governabilità che potrebbe assumere dimensioni gravissime.

Il secondo motivo è che nel Paese cresce fortemente da qualche anno, il rifiuto della partitocrazia, nelle forme eccessive e ormai intollerabili che ha assunto. Da strumento di raccordo con l'opinione pubblica, i partiti sono diventati delle macchine che concentrano in gruppi ristrettissimi il potere decisionale. Ma il cittadino trova ormai intollerabile che i governi e le maggioranze vengano decise dalle segreterie di partito, in forme che possono anche mutare le indicazioni elettorali. Trova inaccettabile che la scelta delle persone che devono ricoprire i più importanti incarichi pubblici, sia a livello nazionale che locale, venga fatta con criteri che nulla hanno a che vedere con i risultati delle consultazioni popolari. Trova intollerabile che i partiti amministrino, con criteri che giudica incomprensibili, servizi fondamentali come quello quello sanitario. Di qui la diffidenza verso i partiti e la politica in genere, visti come un qualcosa di estraneo. E. di qui la richiesta di un sistema diverso, di un rapporto diretto tra cittadino ed eletto, di una possibilità di scegliere direttamente, al momento del voto i parlamentari, le maggioranze di governo, il sindaco.

In questo quadro il Partito Socialista propone l'elezione diretta del Capo dello Stato come la grande soluzione di questi problemi. È una proposta incompleta e pericolosa. Incompleta perché affida alla scelta diretta dei cittadini solo il vertice dello Stato, lasciando inalterato tutto il resto del sistema politico, in un quadro in cui il vero potere è concentrato nel Governo e nel Parlamento. Pericolosa, perché rischia di creare una conflittualità endemica tra un Presidente investito di un grande mandato popolare, ma privo di poteri di guida politica, e un Governo detentore della funzione di direzione politica, ma privo di un mandato popolare diretto.

Ma contrapporre a questo progetto la difesa dell'esistente è sbagliato. Il sistema istituzionale italiano, che ha funzionato egregiamente nel passato, non regge per il futuro. La richiesta di un modo diverso di fare politica è fortissima, e non ha bisogno solo di un costume diverso, ma anche di regole nuove. Un grande partito come la DC deve interpretare il futuro, non difendere il passato. La proposta che è stata recentemente lanciata è quella del Collegio Uninominale, cioè della regola per cui ogni circoscrizione ha un solo parlamentare che è il candidato che, nella prima o nella seconda votazione, a seconda del tipo di sistema introdotto, ottiene il maggior numero dei voti.

Le resistenze a questo progetto saranno fortissime. Si tratterebbe veramente di una innovazione enorme nel costume politico; nella selezione della classe dirigente, nelle spinte del ricambio. Appunto per questo è prevedibile da parte degli apparati, dei professionisti della politica di tutti i partiti, una difesa a oltranza dell'esistente.

Attorno ai parlamentari che hanno aderito alla Lega (circa 200) stiamo cercando di costruire un movimento popolare, che faccia perno sulla società civile per raggiungere grandi obiettivi. Ma la mia proposta alla DC è che sia il nostro partito a prendere la bandiera del movimento, e non lasciare soli gli 85 parlamentari democristiani che hanno aderito alla Lega. Già in altri momenti la DC ha saputo prendere guida del nuovo, portare avanti in prima persona le grandi trasformazioni della società. È adesso il momento di fare altrettanto, di assumere con coraggio questo grande compito riformatore.

E per leggere Sturzo?
Mario Tesini
Tra secolarizzazione e nuova cristianità