Ucraina come residuo di una trattativa finita male tra Nato e Patto di Varsavia?

Rovesciamo l’incipit: se la diplomazia si nutre di paradossi, la Storia ne è la madre semper certa. La Storia, quella che si ripete e torna a volgersi restando sempre immota, ci riporta oggi alla Vienna sede dell’Agenzia sul nucleare in un momento in cui gli antichi trattati vengono lasciati scadere nell’indifferenza generale e si minaccia la ripresa dei test atomici. Atollo K, verrebbe da dire usando il titolo dell’ultimo film di Stan Lauren e Oliver Hardy.

Tam Tam della pace a Vienna
Nuova Politica marzo 1989

La guerra in Ucraina è sì la prima del Ventunesimo Secolo, ma è soprattutto l’ultima del Secolo che avevamo ritenuto Breve: nuove le armi – i droni – ma ottocentesca la finalità, la ricostituzione di un Impero dato da tutti per defunto e invece capace di tentare la resurrezione. Che riesca nel miracolo è tutto da vedere, intanto però siamo tutti con il fiato sospeso, qui in Europa. E quasi quasi rimpiangiamo il ritiro delle forze convenzionali del tempo che fu.

Se c’è un rimpianto è quello dell’occasione perduta: avevamo la grande opportunità di esportare davvero la democrazia in un colosso come la Russia, ci siamo invece accontentati di imporre a quel mercato senza confini la parte peggiore del nostro sistema economico. Di Crony Capitalism si può morire, se si sopravvive si è costretti a riconoscere l’errore commesso. La differenza tra il primo ed il secondo dopoguerra sta in due piani, il Marshall e lo Young. Il primo fu realizzato e ne nacque pace e prosperità: il secondo no e fu di nuovo guerra. Oggi paghiamo l’ubriacatura che ci fece sognare il raggiungimento della Fine della Storia, prospettiva di fronte alla quale la costruzione della democrazia là dove c’era il socialismo diventava un particolare secondario. La Storia però non solo costruisce paradossi: si prende le sue rivincite. Guai a darla per spacciata, il colpo di coda ti prende micidiale e all’improvviso.

Ecco allora che a Vienna si inizia a guardare come possibile camera di compensazione delle nuove tensioni: prima o poi a Vienna torneremo anche a dispetto dell’evidente quanto arrogante indifferenza con cui a Washington di guarda alle istituzioni internazionali. Eppure se c’è una speranza, questa è nella ripresa di un approccio multilaterale ai problemi. Le superpotenze solitarie non hanno mai funzionato, né funzionano ora che, appunto, la Storia ha ripreso a correre, purtroppo sbandando. Ed ha ripreso a correre dal punto in cui si era fermata, questa Vecchia Europa che è tornata ad essere il centro del palcoscenico, come era fino al 1989.

Trentacinque anni sono passati, ma siamo sempre lì.