1985, l’anno internazionale della gioventù
Il 1985 è stato un anno storico per la gioventù di tutto il mondo.
Le NAZIONI UNITE lo proclamarono “Anno internazionale della gioventù” con l’obiettivo di promuovere la PARTECIPAZIONE dei giovani allo SVILUPPO della società e valorizzare il loro contributo alla PACE, alla sicurezza e alla comprensione fra i popoli.
In quello stesso anno, per intuizione di papa Giovanni Paolo II, nacquero le Giornate Mondiali della Gioventù, occasione d’incontro per i giovani cattolici di tutto il mondo.
Il 1985 fu dunque un anno di particolare mobilitazione e di forte impegno per i giovani democratici cristiani oltre che un’occasione di rilancio per le loro organizzazioni internazionali.
In particolare, l’Unione Europea dei Giovani DC – movimento giovanile di cui fui eletto presidente nel novembre 1984 – fu tra i soggetti più attivi in contesti complessi e spesso segnati da dittature e da violazioni dei diritti umani fondamentali, che colpivano soprattutto i giovani e i loro ambiti di crescita (scuola, libertà di parola e di associazione in primis).
Tra i Paesi coinvolti nelle nostre attività ci furono Cile, Argentina, El Salvador, Nicaragua, Venezuela, Guatemala.
In Europa: Russia, Cecoslovacchia, Polonia e, strano a dirsi, Malta.
Può sembrare curioso, ma questa piccola isola ci impegnò enormemente.
Malta, un fronte cruciale del Mediterraneo
Le relazioni tra Italia e Malta – democrazia di stampo britannico – sono sempre state di primaria importanza sul piano geopolitico mediterraneo. Fondamentale il ruolo dell’Italia nel contrastare i tentativi egemonici della Libia e nel mantenere Malta ancorata all’Europa e al mondo occidentale. Per la sua posizione al centro del Mar Mediterraneo, non solo per ragioni storiche, Malta stava assumendo un ruolo sempre più rilevante di collegamento tra la sua sponda meridionale e quella settentrionale, tra il mondo arabo e quello europeo.

Nel 1984 Joseph Mifsud Bonnici succedette al leader socialista Dom Mintoff. Con lui il governo manifestò subito una ulteriore e inquietante involuzione in senso autoritario che lo stava portando decisamente sotto l’influenza libica e, di riflesso, di altri governi autoritari e antagonisti della cultura e degli interessi occidentali.
Con lui si intensificò l’arbitrio politico espresso attraverso tentativi di sottomissione della Chiesa cattolica (nazionalizzazione delle sue proprietà, negazione del valore legale dei titoli di studio rilasciati dalle sue scuole), modifiche alla legge elettorale e revisione ad arte delle circoscrizioni, controllo dei mezzi di informazione.
Era evidente che, se realizzati, interventi autoritari di tale portata – in una popolazione di appena 300 mila abitanti – avrebbero in pochi anni compromesso il futuro democratico dell’isola, mettendone a rischio neutralità, sviluppo e indipendenza.
L’arresto a Malta
In questo contesto, consapevoli dell’impegno profuso negli anni da Aldo Moro per l’indipendenza di Malta, noi giovani democristiani europei non potevamo sottrarci a gesti di solidarietà, sollecitati anche dai nostri coetanei maltesi.
Pur conoscendo la legge imposta nel 1982 dal governo Mintoff – il Foreign Interference Act - che vietava agli stranieri qualsiasi partecipazione ad attività o manifestazioni politiche – decidemmo di recarci a Malta per comprendere meglio la situazione.
L’opposizione al governo Bonnici era guidata da Fenech Adami e da qualche mese, non trovando quasi più spazio su stampa e organismi istituzionali, era solita organizzare campagne di pacifica disobbedienza civile per rivendicare rispetto dei diritti umani e della libertà di opinione.
Andai a Malta per la prima volta nel febbraio 1985, insieme all’amico Ivano Strizzolo.
Sabato 24 febbraio, in occasione di una grande manifestazione del Partito Nazionalista (aderente al PPE, di cui faceva parte anche la DC italiana), fui invitato a portare un saluto contestualizzando i temi centrali dell’anno internazionale della gioventù. Accettai volentieri pur consapevole dei rischi.
Parlai nella piazza più grande di Malta, prima dell’intervento di Fenech Adami. Ricordo una serata gelida ma scaldata dalla partecipazione di almeno 45 mila persone.
Al termine, ancora in piazza, mi avvisarono che la polizia maltese mi stava cercando per arrestarmi.
Alcuni giovani, spaventati, mi proposero di nascondermi per guadagnare tempo. D’istinto rifiutai categoricamente e, dopo un rapido confronto con il leader del partito Fenech Adami, mi consegnai alle autorità.
Condotto in una caserma, notai la presenza di militari stranieri – libici, e forse anche cinesi o coreani. Fui interrogato da questi militari e vagamente minacciato: non furono momenti piacevoli.
Il loro obiettivo era farmi dichiarare colpevole della violazione del Foreign Interference Act. In cambio di una ammissione formale promettevano un rilascio immediato. Presi tempo chiedendo di potermi consultare con un avvocato, prontamente messomi a disposizione dal Partito Nazionalista.
Fu in quella circostanza che conobbi l’avvocato Guido De Marco, il quale mi spiegò che le autorità maltesi intendevano rendere effettiva, per la prima volta, quella legge, mai applicata prima.
Capii che, se avessi ceduto, avrei creato un significativo precedente e indebolito i nostri amici maltesi, contribuendo al loro isolamento. Esattamente il contrario del motivo per cui mi ero recato a Malta.
Il processo e la scelta
Durante la notte mi fece subito visita l’ambasciatore italiano (quanta diversità rispetto alle tempistiche di alcuni recenti casi di giovani italiani arrestati all’estero per ragioni politiche) riferendo la preoccupazione del governo per la mia sorte e per le possibili ripercussioni sulle relazioni bilaterali.
La vicenda rischiava infatti di creare tensioni anche a Roma e di mettere in discussione il trattato di collaborazione tra i due Paesi.
All’epoca Craxi era Presidente del Consiglio – amico di Mintoff – e Andreotti ministro degli Esteri, democristiano e attento alle sensibilità del Vaticano.
Forse anche per evitare un’escalation mediatica, all’alba fui portato in tribunale per un processo immediato.
Prima dell’inizio ricevetti, tramite l’ambasciatore, un velato suggerimento dall’Italia: per la mia sicurezza, la via più breve e sicura per tornare a casa sarebbe stata di riconoscere esplicitamente la violazione della legge, ottenendo in cambio solo una multa e l’espulsione.
Mi lasciarono qualche minuto per riflettere. In fondo l’atto di solidarietà e di denuncia era stato compiuto e la nostra presenza a Malta aveva già ottenuto un significato. Nel mio intervento avevo parlato del diritto dei giovani alla libera scuola, dell’Unione Europea e del suo allargamento, della libera circolazione di idee e persone, del contributo dei Paesi mediterranei alla pace e alla costruzione di un’Europa più solidale. La stampa di governo, infatti, ne aveva dovuto parlare per evidenziare le ragioni dell’arresto.
Tuttavia, provocare deliberatamente l’applicazione di della legge chiamata Foreign Interference Act, subire una condanna e creare un precedente avrebbe deluso i nostri amici maltesi, lasciandoli più soli e lontani da una prospettiva europea.
Era l’Anno internazionale della gioventù, e noi giovani DC europei avevamo deciso di onorarlo con i fatti, non solo con le parole.
Decidemmo quindi di ricorrere contro l’accusa.
Confermata la mia totale indisponibilità a riconoscerne il fondamento, l’avvocato De Marco sostenne che la legge sulle ingerenze straniere era contraria alla Costituzione maltese.
Il giudice, ritenendo le eccezioni “non infondate”, decise di rinviare gli atti alla Corte Costituzionale e mi concesse la libertà provvisoria dietro garanzia personale di 500 lire maltesi (circa due milioni di lire italiane). Fui immediatamente espulso con l’impegno di rientrare, se richiesto dal tribunale.
Il rinvio alla Corte Costituzionale fu un primo e concreto risultato, seppur non definitivo.
Il caso esplose anche nel parlamento italiano. La DC chiese la sospensione degli impegni di cooperazione con il governo maltese, il partito socialista si mostrò però subito contrario. Lo stallo durò per un anno circa nel corso del quale il governo italiano mi chiese di tornare a Malta confidando che la vicenda si sarebbe composta.
Il 20 marzo 1985 ritirai il nuovo passaporto (il mio era stato “perso” a Malta) direttamente dalle mani del Ministro degli Esteri (uno dei primissimi della Comunità Europea, numero 46 ). Fu quella la conferma che la nostra autonoma iniziativa aveva ottenuto l’appoggio del partito, nonostante non fosse stata minimamente concordata.
Due giorni dopo partii per il Centro America (El Salvador, Nicaragua e Belize) per attività di formazione sul campo ai giovani di quei paesi. Si stavano infatti costituendo movimenti cattolici di opposizione ai regimi di quelle nazioni. “Avventure” diverse ma umanamente straordinarie. Toccai con mano che per il bene del proprio popolo si può dare la vita, come anni prima della mia nascita avevano fatto i martiri della resistenza italiana. Toccai con mano l’essenza della politica e il valore ineguagliabile della democrazia (proprio perché in quelle realtà non ve ne era traccia).
Di ritorno dal Centro America provai due volte a ritornare a Malta spinto dai due governi, ma senza il risultato sperato.
Accadde infatti che in entrambe le occasioni i nostri amici maltesi manifestarono l’intenzione di organizzare una manifestazione pro-Europa e contro la legge del Foreign Interference Act e che la polizia maltese mi “fermasse” per impedire la mia partecipazione. Di fatto furono dei veri e propri sequestri, conclusi con altrettante espulsioni. Evidentemente qualcuno stava continuando a lavorare per impedire a Malta di avvicinarsi all’Italia e all’Europa.
Non fu un caso se nel settembre 1985 l’ufficio politico dell'Unione Europea dei partiti democratico cristiani decise di riunirsi a Malta. Ne facevo parte di diritto e non poterono impedirmi di tornare a Malta. All’ordine del giorno molti temi decisivi per quello che sarebbe stato il futuro della Unione Europea. Il rapporto con l’Unione sovietica di Gorbaciov, la proposta di una Conferenza Internazionale sul Libano, le prospettive di investimenti sulla ricerca tecnologica con gli Stati Uniti, la ricerca di rapporti sempre più stretti e incisivi con le forze democristiane dell’Europa centrale ed orientale, clandestine o condannate all’esilio. Una riunione importante e attesa convocata e guidata dal Presidente della UEDC Emilio Colombo. Le autorità maltesi non poterono negare lo svolgimento della riunione ma cercarono in tutti i modi di impedire qualsiasi manifestazione pubblica.
Il capo della delegazione italiana era Flaminio Piccoli e altrettanto autorevoli erano i capi delegazione degli altri paesi. Nonostante cotanta compagnia appena atterrato fui “accompagnato “ alla centrale di polizia e li arbitrariamente trattenuto fino a mezzanotte nel timore che potessi anche solo presenziare ad una possibile iniziativa dei giovani del partito di opposizione.
Il giorno successivo, 21 settembre 1985, ricorreva l’anniversario della Indipendenza di Malta dal Regno Unito (1964) e per ricordarla il Partito Nazionalista aveva previsto una grande manifestazione alla quale i membri della UEDC presenti erano stati invitati. Si era concordato con il governo maltese il saluto di circostanza che avrebbe portato un rappresentante della UEDC.
Sembrava tutto tranquillo quando i nostri lavori furono interrotti da una decina di poliziotti che occuparono l’albergo. Mi cercavano per notificarmi l’ennesimo provvedimento dí immediata espulsione dall’isola. Di fronte al mio rifiuto e alla minaccia della polizia di usare la forza si aprì una trattativa assai concitata. Dalla mia parte avevo tutti i presenti alla riunione ma dall’altra una polizia davvero determinata. L’albergo era stato circondato. In quelle ore Colombo e Piccoli furono in costante contatto con la Farnesina. Solo verso 19 quando dalla Farnesina comunicarono che l’aereo di linea Alitalia delle 17 per Roma era stato tenuto fermo sotto il sole a 40 gradi pieno di passeggeri che scelsi per buon senso di salire sull'auto dell’ambasciata diretto in aeroporto. Di fronte a un ricatto che ricadeva su circa 200 persone e che stava creando un serio problema internazionale non avrei potuto fare diversamente.
Ricordo ancora l’ansia prima di salire sull’aereo perché l’ambasciatore mi aveva informato che diversi passeggeri non erano italiani e avevano perso le coincidenze da Roma. Ricordo l’applauso di tutti perché il comandante li aveva informati opportunamente delle ragioni del ritardo. Può sembrare incredibile ma è stato così.
Ricordo di aver fatto in aereo la conoscenza con il compianto cardinale Achille Silvestrini, inviato diverse volte a Malta dalla Santa Sede per cercare di dirimere le questioni relative alle scuole ecclesiastiche.
Conservo una lettera datata 20 luglio 1986 scritta dai giovani amici maltesi in cui mi informavano che la Corte Costituzionale aveva accolto il mio ricorso e aveva dichiarato incostituzionale la legge cosiddetta Foreign Interference Act e scrivevano “il 17 luglio durante un comizio tenuto nella più grande piazza dell’isola c’è stato un applauso tutto per te. I maltesi ti rimarranno eternamente grati”.
Tornai a Malta ancora una volta da semplice militante accompagnando l’amico Andrea de Guttry, nuovo presidente dei giovani dc europei in occasione della Festa dell’Indipendenza del 1987.
Nello stesso anno i nazionalisti vinsero le elezioni e Adami divenne Primo Ministro. Con lui iniziò il cammino verso l’adesione all’unione europea. La sudditanza verso la Libia di Gheddafi svanì rapidamente.
Nel 1990 il mio avvocato Guido De Marco fu eletto Presidente della Assemblea delle Nazioni Unite. Nel 1999 fu nominato Presidente della Repubblica.
L'attuale Presidente del Parlamento Europeo è una giovane donna maltese che nel 1985 aveva sei anni.
Oggi a Malta governa il partito laburista e una signora poco più anziana di me eppure è Presidente della Repubblica. I laburisti maltesi sono da tempo convinti europeisti.
A volte la politica fa strani giri e ci si può confondere se si perdono di vista le motivazioni ideali.
PARTECIPAZIONE, SVILUPPO, PACE erano le parole d’ordine dell’Anno Internazionale della Gioventù indetto dalle Nazioni Unite nel 1985. Perseguire questi obiettivi, prima e davanti a qualsivoglia interesse di partito o ambizione personale, dovrebbe essere la motivazione di chi fa politica.
Certamente è la condizione essenziale per farne la più bella delle avventure e la più nobile delle attività. Questo il mio augurio per chi ancora dona il suo tempo e le sue energie.


